Laricchia e Di Maio ad Adelfia
A sorpresa la presenza e l’intervento non programmato di Danilo Toninelli.
GP
Arrivato quasi in orario ad Adelfia, è stata un’impresa parcheggiar nei pressi del Largo Alveo Torrentizio, dove dal nulla o quasi è stata realizzata dall’amministrazione comunale una bellissima e capiente piazza, deputata alla socializzazione, alla cultura ed allo spettacolo, complimenti! C’ero stato recentemente per assistere ad uno spettacolo, sul quale stendo un velo pietoso, e parcheggiare non era stato un problema, anzi.
Arrivato finalmente in piazza, svelato l’arcano era proprio affollatissima. Le sedie ben distanziate e tutti, assolutamente tutti con le mascherine. In piedi una folla davvero impressionante. Di Maio era in arrivo, avevo incrociato un’auto della polizia locale e una dei carabinieri che partivano di corsa, evidentemente per far da scorta all’auto del Ministro degli esteri nell’ultimo tratto di strada. Va bene che Antonella Laricchia giocava in casa, è nata ad Adelfia, ma comunque il pubblico va se interessato, altrimenti fai il vuoto.
L’intrattieni lo stava dando un parlamentare pentastellato, se non erro Leonardo Donno. Era appena subentrato alla staffetta dei preliminari ed ha cominciato a snocciolare tutte le cose fatte male dai governi precedenti, in particolare quelli a guida Berlusconi. Poco dopo è salito sul palco Luigi Di Maio, con al seguito Danilo Toninelli. Il Donno ha ceduto la parola ad Antonella Laricchia che ha svolto la sua relazione lucida, puntuale puntando sulla non difficile critica bipartisan: di Fitto da un lato e di Emiliano dall’altro. Erano e sono per la Laricchia quelli da battere, realisticamente, non dico per andare a governare, ma perlomeno per conquistare numeri tali da rafforzare la squadra dei consiglieri, che recentemente ha registrato qualche diaspora. Effetti delle primarie in un partito-movimento ancora molto giovane, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Applausi scorcianti e prolungati alla fine.
Ha preso poi la parola Danilo Toninelli. Un discorso appassionato con un limite, che forse ho colto solo io. Lo ha chiuso rivendicando il merito di un ponte Morandi ricostruito a tempi record e di un’inaugurazione del nuovo preclusa ai Benetton, responsabili di 43 vite umane perse nel crollo. Giusto, per carità, ma vieni a parlare delle cose straordinarie realizzate a Genova, quando a Taranto, bambini, donne, anziani e uomini muoiono come mosche, dopo lunga atroce malattia? Quel cancro provocato dall’emissioni nocive dell’ex-Ilva, alle quali non si pone nè rimedio, ma neanche sufficiente attenzione. Fortunatamente la Laricchia aveva posto rimedio preventivo, elencando tra le battaglie contro il governo regionale uscente, quelle per l’ex Ilva e la salute dei tarantini. Applausi scroscianti, spesso anche durante il discorso a sottolineare i passaggi più infuocati: stile Toninelli, per intenderci.
E si è fatto avanti Di Maio, fino a quel momento un poco defilato sul palco, credo per non sottrarre attenzione sui due relatori che l’hanno preceduto.
Ha parlato a braccio per un bel po’ di tempo partendo dalle regionali ed i meriti della candidatura Laricchia, ed arrivando al referendum ed alle ragioni del sì. Non si è soffermato sulle elezioni regionali più di tanto. La mia sensazione è che Luigi Di Maio nutra una tale fiducia nelle capacità anche aggregative di Antonella Laricchia, da non ritenere necessario più di tanto insistere sulle regionali. Si è concentrato invece sulle ragioni del sì ed è stato più che convincente. Vero che parlava ad una platea di pentastellati. Un solo appunto lo devo sollevare: caro Di Maio il paragone tra i numeri di parlamentari italiani e francesi, tedeschi, o spagnoli, va benissimo, ma gli Stati Uniti lasciali stare. Vero, infatti, che i componenti del parlamento federale sono tra i 500 ed in 600 ed i componenti attuali delle due camere italiane quasi il doppio, ma se proprio si vuol paragonare il federale Usa (senato e Camera dei rappresentanti) va confrontato col parlamento europeo. Quello italiano ai parlamenti dei singoli stati americani. Altrimenti si paragonano mele con zucche e, francamente, non funziona.
Alla fine qualche episodio di idolatria. Una minoranza dei presenti si è fatta spazio per toccare Di Maio. Devo dire a suo merito che non li ha di certo assecondati, sottraendosi garbatamente, come nel suo stile. Non un selfie.
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