Pd a guida Schlein: parola d’ordine “unità” per vincere sul “governo più a destra di sempre”

Elly Schlein si descrive con un “stiamo arrivando” e vuole un partito di “sinistra che oggi non può che essere ecologista, femminista, inclusiva, di governo”

Gianvito Pugliese

Elly Schlein è partita col piede giusto alla guida del Pd, che Enrico Letta le consegna, affermando che Elly lo porterà: “Non a vincere i 100 metri, bensì la maratona“.

Quanti tifavano, “pro domo loro” per una Schlein asso piglia tutti, sono ancora scioccati per l’equilibrio e la partenza soft. che nulla toglie, peraltro, all’ammirevole combattività di cui è intrisa la personalità della nuova leader del Pd.

Ci sarà rimasto rintontito, come uno che, facendo footing centra con la fronte il palo di un cartello stradale, Beppe Fioroni. che aveva presagito la morte dei valori cattolico-democratici nel Pd di Elly Schlein.

Elly è prima ed unica politica, dopo il Presidente Mattarella, a recarsi a Steccato di Cutro, alla guida una delegazione del Pd, per rendere omaggio alle vittime del naufragio e lasciare alla delegazione il compito di verificare le condizioni dell’accoglienza. Altri decideranno di andarvi in clan e pompa magna, solo dopo che la città di Cutro sarà stata blindata per il Cdm in trasferta.

Come primo gesto politico da neo segretario designa a Presidente del partito il suo concorrente alla segreteria, quello Stefano Bonaccini, espressione del Pd, come sedimentato dalla storia, vincitore delle primarie nei circoli (praticamente, tra gli iscritti) e sconfitto da quel popolo del Pd, da tempo in diaspora, che da segni immediati di ritorno. Ai gazebo si sono recati a votare, infatti, 1.098.623 simpatizzanti dem: non sono i circa tre milioni delle primarie del dopo Prodi, che decisero per l’investitura di Walter Veltroni, ma nei tempi dell’astensione alle politiche (settembre 2022) del 36,1% ed alle regionali in Lazio e Lombardia (febbraio 2023) del 59,9%, i numeri nei gazebo che hanno incoronata Elly, sono un risultato fantastico, assolutamente imprevedibile ed imprevisto.

Il successo stellare che accompagna l’avvio delle iniziative della neo leader dem è certificato, anzitutto, dalla risposta della Supermedia YouTrend (la media dei risultati dei principali istituti demoscopici) dei sondaggi del 10 marzo che abbiamo da poco pubblicato. I dati più salienti, dopo un lunghissimo periodo di scostamenti dei partiti a sette giorni, misurati in decimali, sono il balzo in avanti del Pd dell’1,6% e la caduta verticale di Fratelli d’Italia e pentastellati, entrambi dell’1,1%. C’è chi ha parlato o scritto della fine della “luna di miele” tra Meloni e l’elettorato. Mi sembra un giudizio affrettato e prematuro, anche se un segnale forte e chiaro c’è stato.

Ma quello che ancor più dei numeri sancisce il successo reale delle prime mosse di Elly è l’umore della rete. Mi è venuta in soccorso la nostra redazione di #Daisocial, che quotidianamente spulcia e monitorizza rete e social alla ricerca di autentiche “perle” da pubblicare. Mi ha mostrato l’accanimento ed il livore largamente diffuso non solo del vertice, ma soprattutto della base dei fedain di alcune formazioni politiche che aveva no sperato o contato sul fatto di doversi spartire il bottino dei resti di un dem, sconfitto ed in via di dissoluzione, e che invece si mostra, almeno potenzialmente, più sano che mai e pronto a crescere esponenzialmente.

Elly ha perso la sua carica innovativa ed è stata risucchiata dal vortice del comando? Quest’ultimo è potere, ma per personalità come quelle di Elly è prima di tutto dovere e responsabilità.

Spero proprio di no, che abbia mantenuta intatta la sua voglia d’innovare! La dissoluzione del Pd avrebbe fatto crescere qualche astuto e meno scafato approfittatore politico di turno, con grave danno per la democrazia dell’alternanza.

Tifo Schlein ed un Pd forza trainante di una sinistra compatta e coesa (che. peraltro. nella storia della sinistra ha rappresentato solo telegrafici momenti), come tifo per la Meloni, se è vero che -sola contro tutto e tutti- sta cercando di creare una destra italiana democratica e conservatrice di stampo europeo, quella di cui Berlusconi ha sempre riempito i proclami, realizzando l’esatto opposto. Sarà capace di tenere insieme e far crescere e maturare la coscienza politica dell’Armata Brancaleone? Lo auguro di cuore. Per il bene della destra liberal democratica, ma soprattutto del Paese che ha bisogno di solide coalizioni di destra e sinistra capaci di offrirci una vera democrazia dell’alternanza.

Prima di tornare sulle prime misure adottate da Elly, permettemi una chiosa. Ho scritto “approfittatore politico” evitando, volutamente, di usare il termine “sciacallo” del quale alcuni colleghi -la minuscola è d’obbligo- stanno facendo gravissimo abuso, proni a qualcosa. che sta sempre più somigliando. alle propagande dei regimi autoritari. E’ una delle mille mine disseminate sul passaggio sia della leader di Fratelli d’Italia, la più esposta per ragioni evidenti, sia della stessa neo leader dem. La maggioranza corre maggior pericolo: lo sport di saltare sul carro dei vincitori è sempre tra i più praticati ed amati dagli italiani. E’ una considerazione storica, nulla di diverso.

Tornando ad Elly, ha perso la sua carica innovativa, mi e vi chiedevo appena prima della chios? Francamente, mi pare proprio di no. Basta analizzare attentamente la direzione proposta dalla segretaria ed approvata dall’assemblea, che vede come “new entry il ritorno degli ex di Articolo Uno da Alfredo D’Attorre a Maria Cecilia Guerra, e due “Sardine” come Mattia Santori e Jasmine Cristallo. Tra i nomi noti Goffredo Bettini, i sindaci Emilio Del Bono e Giorgio Gori e poi Pier Francesco Majorino, Andrea Orlando e Peppe Provenzano, solo per citarne alcuni. C’è anche il ritorno di Livia Turco”.

Una direzione, dunque, che coniuga la straordinaria spinta innovativa, con la tradizione e l’esperienza delle madri e di padri nobili. Elly non ha un compito semplice, che richiede, riportare le correnti a fucina di idee e ricchezza nelle diversità, non centri di potere, ma soprattutto riconquistarsi la fiducia e la rappresentatività di quel popolo di lavoratori, operai, impiegati, che non ce la fanno, giovani e studenti, tra i quali molti valorosissimi, che senza futuro, lasciamo un Paese che non conosce la meritocrazia. Senza trascurare gli ultimi, il disfacimento della scuola, della sanità pubblica, dell’unità, in un Paese che continua a ragionare in termini di conquistatore e conquistato. E abbiamo solo accennato ad alcuni temi,

Bando all’ipocrisia: il Pd nel suo momento di maggior fulgore ha imbroccato la strada inversa. Si è messo a gareggiare con la destra nell’accaparrarsi le fonti primarie di finanziamento, servendo banche ed impresa privata, anzichè il Pese ed il popolo sovrano, ridotto da una classe politica indegna, ad utile idiota, osannante agli slogan e schiavo dei messaggi mediatici fascinosi.

E visto che ci siamo, diciamola tutta. Non si può sentire a ripetizione nei frastornanti talk show il ritornello insulso che la meritocrazia vige solo nella pubblica amministrazione, mentre il privato ne sarebbe immune. Siamo seri, in un Paese che deve il suo debito pubblico astronomico ad un’impresa privata attaccata alla mammella pubblica, dagli appalti a tutto il resto, le assunzioni clientelari sono la regola, non solo quando fanno scandalo -come anche oggi- nelle Regioni cosiddette modello, ma anche e soprattutto in quel privato che deve accontentare il direttore dell’istituto di credito, il dirigente dell’agenzia dell’entrate, dell’Ispettorato del lavoro, i controllori di Als e Nas e potrei continuare all’infinito.

Ed i nostri cervelli? Vanno all’estero. Siamo geniali: lo Stato italiano ha speso centinaia di migliaia di euro per arrivare a formare un potenziale ricercatore e che ne facciamo? Lo lasciamo disoccupato, preferendogli una consistente massa di raccomandati. Praticamente lo regaliamo all’estero. Ci preoccupiamo di farlocche invasioni di immigrati e non ci accorgiamo dell’emigrazione intellettuale.

Spero e mi sembra che il nuovo Pd della Schlein, che non ha cambiato nome, ma sembra aver cambiato pelle, torni ai valori della sua storia, ovviamente adeguandola ai tempi mutati, ad un mondo ed un’economia globale, dove non sono concepibili privilegi per i balneari, o lotte con l’Unione europea, per difendere l’automotive, dove si sostiene che una dozzina d’anni non sono sufficienti per la transizione ecologica che metta al bando altri nuovi veicoli inquinanti. Tanto in un Paese che sta gradatamente scomparendo a causa dei mutamenti climatici.

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